Ancora lacrime, come dopo al finale del 2009. Ma questa volta sono di gioia, gioia infinita. Roger Federer torna re degli Australian Open dopo sette anni, con il quinto trionfo a Melbourne, battendo nella finale dei sogni Rafa Nadal in 3 ore e 37 minuti con il punteggio di 6-4 3-6 6-1 3-6 6-3 e vendicando la sconfitta di otto anni fa: Fed non batteva il grandissimo rivale in uno Slam da Wimbledon 2007 e ora il suo bilancio è di 12 vittorie e 23 sconfitte negli scontri diretti, 3-6 nelle finali. Lo svizzero diventa il primo giocatore della storia ad aver vinto tre Slam almeno cinque volte e si toglie finalmente dalla spalla la scimmia del numero 17, ottenendo il 18° trionfo in un Major quasi cinque anni dopo il trionfo 2012 a Wimbledon.
L’INIZIO — Era la finale più attesa, quella che ha richiamato 15.000 persone sulla Rod Laver Arena e milioni e milioni di spettatori in tutto il mondo, e non ha deluso le attese. Forse non ha regalato lo spettacolo della finale di Wimbledon nel 2008 o in Australia del 2009, ma nell’ultimo set è stata un concentrato di brividi ed emozioni incredibili: soprattutto, non bisogna dimenticare dov’erano sei mesi fa Roger e il suo menisco e Rafael e il suo polso, due monumenti ammaccati di cui si dubitava fortemente potessero tornare a questi livelli. La chiave dell’avvio di partita è, come prevedibile, nel servizio di Federer, perché le sue alte percentuali gli permettono di dettare subito il ritmo, di essere aggressivo e di impedire a Rafa di prendere il controllo attraverso il prolungarsi degli scambi. C’è equilibrio fino al 3-3, poi la risposta di Federer, in particolare con il rovescio, un altro degli atout di Roger, scava il primo solco con il break del 4-3 che lo porta dritto verso il primo set. Obiettivo raggiunto: andare sotto, psicologicamente avrebbe portato l’inerzia dalla parte dello spagnolo e inoltre il parziale è durato solo 34 minuti.
ALTALENA — Ma tra due fenomeni, l’equilibrio sottile può spezzarsi da un momento all’altro e infatti nel primo turno di servizio del secondo set Federer ha un piccolo passaggio a vuoto e Nadal sale subito 2-0, senza più perdere il comando delle operazioni. Rispetto agli altri match del torneo, Rafa ritrova sicuramente il dritto, in particolare quello a sventaglio che qualche volta lo aveva tradito, soprattutto in semifinale, mentre Roger sul suo dritto adesso fatica un po’. Il parziale scivola comodo verso Rafa, poi nel primo game del terzo Federer pasticcia da 40-0 per lui e si ritrova a dover fronteggiare tre palle break, annullate dopo un game durato otto minuti. E nel gioco successivo, con tre brucinati vincenti di dritto, Roger si procura una palla break e la sfrutta, salendo 2-0 e prendendo un abbrivio incontenibile: ciò che sorprende è l’efficacia del suo rovescio, giocato quasi sempre coperto, quindi in modalità molto aggressiva e incisivo anche nella risposta, in particolare sullo slice da sinistra di Rafa, letto sempre molto bene.
EMOZIONI — Ma quando di fronte hai un guerriero indomito come il maiorchino, non puoi mai permetterti di abbassare la guardia: lo svizzero inaugura il quarto game del quarto set con un banale errore di dritto ed esce improvvisamente dal match, smarrendo aggressività alla battuta e concendendo un break sanguinoso. Sembra, all’improvviso, che Federer non possa più reggere il ritmo che lo ha sostenuto fin lì, i piedi sono poco reattivi e i movimenti un po’ più lenti mentre Rafa, come sempre, non cala, continuando a martellare con il dritto. Se Federer è al top per ritmo, potenza e aggressività la partita sta dalla sua parte, ma non appena cala, l’altro gli è sopra. Dopo due ore e 37’ il match è due set pari, un equilibrio incredibile e un terreno che sembra più favorevole al maratoneta Nadal. Federer chiede time out medico alla fine del parziale, ma quando rientra è freddo e deconcentrato e si ritrova subito sotto 0-30. Non puoi permettertelo contro una tigre, e infatti arriva il break. La differenza rispetto alle tante finali Slam disputate dai due, però, stavolta risiede nella capacità di Federer di non uscire mai dal match: il numero 17 del mondo, infatti, si procura palle break ad ogni turno di servizio dell’avversario, e su ognuna Nadal alza incredibilmente il livello del suo gioco, da campionissimo. Ma quando un suo dritto ad uscire nel sesto game va fuori di un’unghia, consentendo a Federer di recuperare il break, la partita cambia improvvisamente padrone: è la forza della psicologia. Roger tiene facilmente la battuta nel game successivo e poi sul 4-3 si ritrova con tre palle break consecutive, tutte annullate, e poi con un’altra e un’altra ancora e stavolta non perde l’occasione, costringendo Rafa a un errore di dritto. Servirà per il match, un sogno che si realizza: ma si ritrova sotto 15-40. Chiede aiuto al servizio (tre ace nel game), si procura il primo match point ma lo sciupa di dritto, poi con un ace si procura il secondo e chiude la sfida con un dritto sulla riga che il Falco conferma buono. E’ l’apoteosi, con il pianto liberatorio. Da domani sarà numero 10 del mondo, mentre Nadal sale al numero 6, ma soprattutto la stagione, terra e erba, dovrà fare conto con due leggende redivive. Che il tennis ce le conservi a lungo.
LE PAROLE — Molto sincero e composto Nadal: «E’ stata una bella partita, è stato bello farne parte, ringrazio il mio staff per avermi portato fin qui quando magari non ce lo saremmo aspettato: credo che ROger abbia meritato do vinceral un po’ più di me». Federer ha reso onore allo sconfitto: «Spero che Rafa possa restare sul circuito a lungo, abbiamo bisogno di lui. Quanto a me, il segreto è stato di pensare a punto dopo punto, senza guardare troppo oltre. Ci rivedremo l’anno prossimo, e se non sarà così sarà stato bellissimo». (Fonte gazzetta.it)