Caro, vecchio, Ilie. Nessuno, in questo ennesimo fine settimana di ordinaria follia, ti ha chiamato “Mister Nastase”, come pretendesti da un arbitro, in campo, nessuno sa che sei stato il primo numero 1 della storia della classifica Atp, il 23 agosto 1973, il primo re del Masters, il campione di Roland Garros e Us Open (e anche due volte Roma: 1970 e 1973). Forse oggi, rivedendo su You-tube come hai perso la testa da capitano di Fed Cup davanti alle giocatrici e alla capitana della Gran Bretagna, qualcuno ricorderà che hai dei precedenti pesanti con la Perfida Albione: a Wimbledon hai perso tutt’e due le finali che hai giocato, e ti chiamavano ”Nasty”, odioso, storpiando il tuo cognome.
Per te non vale l’attenuante dei 70 anni, sei sempre stato così, provocatorio, al limite, pericoloso, eccessivo. Come subito si è affrettata a ribadire quella simpaticona di Pam Shriver: “Sin dai 16 anni, quando mi affacciavo sul Tour, ogni volta che mi incrociava, Ilie mi chiedeva sempre la stessa cosa: ‘Sei ancora vergine?’”. Se voi conosceste la “spalla” saputella di Martina Navratilova in doppio, capireste di più la battuta del romeno con la faccia da schiaffi che, cacciato dal campo, domenica, non ha chiesto perdono alla Itf, la federazione mondiale che lo squalificherà: “Se vogliono, possono anche mandarmi in prigione. Non mi importa. Ma non ho rimpianti. Non mi interessa (eufemismo) se mi multano o non mi fanno più fare il capitano, non mi pagano nemmeno. Ricordatevi che sono stato un numero 1 del mondo, e se togliete di mezzo uno come me, non è positivo per il tennis. Cercavo di agire nell’interesse della mia giocatrice: la sua avversaria è uscita dal campo senza chiedere il permesso e lì – è vero – l’ho chiamata pu******. Calmare il pubblico? Non siamo a teatro. Il tennis è un gioco, non si può trasformarlo in un film da guardare in silenzio”.

I media brit si sono scatenati contro il “cattivo ragazzo” che una volta faceva tanti danni col compagno di merende, Jimmy Connors, da dover chiudere il loro sodalizio di doppio: “Le multe erano diventate troppo elevate!”. E’ probabile che Wimbledon non lo inviterà quest’anno al torneo come ospite d’onore: “E’ qualcosa di speciale ma non me ne frega”. Piuttosto ha spedito una rosa a ciascuna giocatrice brit, e una anche alla capitana, l’avvenente Anne Keothavong, alla quale ha chiesto il numero di camera d’hotel sia alla cena ufficiale sia alla prima conferenza stampa. Lui è del 1946, lei dell’83, ma che conta per il Joker?

Così anche l’infelice battuta sul figlio nascituro di Serena Williams (“Vedremo che colore avrà: tipo cioccolato con il latte?”), carpita da un microfono indiscreto come lui, è soltanto quello, per l’eterno bambino: “Uno scherzo, soltanto uno scherzo. Se qualcuno non lo capisce, significa che gli manca il senso dell’umorismo: loro hanno il loro e noi abbiamo il nostro”. Per lui, è tutto normale. Una volta, in campo, lo faceva in nome dello spettacolo (“Il pubblico pagava il biglietto. Aveva diritto allo show”) e così ha buttato via l’immenso talento e una carriera da campione, come sa bene la sua spalla, Ion Tiriac, con cui ha costituito una dei doppi più forti. Creandosi delle inimicizie che hanno sfiorato l’odio, come con quel gentleman di Arthur Ashe. Che chiamava “negro”, facendogli perdere la tramontana.

Se dovessimo ripercorrere tutte le sue follie, e ricordare le volte che è stato squalificato, avremmo bisogno di un libro. Ricordiamo solo che è stato l’unico che ha costretto un direttore del torneo a sostituire l’arbitro col giudice arbitro cancellandogli l’espulsione dal campo per fargli finire il primo match agli Us Open contro John McEnroe. O che ha convocato il “supervisor” in campo, al Roland Garros, non perché voleva il punto dopo aver colpito la palla lanciando in aria la racchetta, ma per dirgli: “So che non posso avere il punto, voglio solo farti sapere che ho fatto un colpo incredibile”. Così come incredibili sono le imprese da playboy: davvero ha portato a letto più di duemila donne? Di certo ha sempre intorno donne belle e giovani, ennesime sfide di una vita di sfide. Come quando si è candidato a sindaco di Bucarest: “È andata male. Sul campo da tennis, vinci o perdi. In politica, devi promettere e dire bugie. Non fa per me. Eppure il mio progetto era semplice: volevo che la città avesse l’acqua. Adesso, secondo voi, c’è?”. E questo non è un scherzo. (di Vincenzo Martucci, fonte federtennis.it)